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I miei primi passi nella cultura sudcoreana

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Vi svelo come la cultura sudcoreana mi abbia aperto un mondo che non conoscevo, donandomi nuovi stimoli

Attraverso questo articolo voglio – per qualche istante – allontanarmi dai videogiochi per introdurvi a qualcosa che mi sta particolarmente a cuore come la cultura sudcoreana. D’altronde questo sito lo abbiamo tirato su con l’intento di parlarvi a tutto tondo delle cose che più ci piacciono e catturano; che gravitano intorno alla nostra persona, insomma, e rispecchiano chi noi siamo e cosa facciamo nel quotidiano.

Da sempre incline più alle “cose” di stampo nipponico che made in Corea del Sud (con l’eccezione rappresentata dal solo e unico Park Chan-wook), mi ero ancora affacciato poco alle loro abitudini e al loro modo di essere; men che meno al loro cinema, alle loro serie televisive e alla musica prodotta in questo splendido paese.

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Old Boy di Park Chan-wook.

Tutto ha avuto inizio nel periodo pre-Covid, a ridosso del Natale 2019, quando – per pura casualità – mi imbattei in una serie TV esclusiva Netflix dal nome My Country: The New Age. Le vicissitudini di Hwi e compagni sono state il vero trampolino di lancio; ciò che mi ha svezzato e mi ha permesso di stringere un legame forte con questa cultura in maniera del tutto istantanea, o quasi. Una nuova era aveva avuto inizio in Corea, quando la dinastia Goryeo lasciava spazio a quella Joseon.

Un periodo fitto di conflitti e incomprensioni, dove alcune parole non avevano più un significato univoco e la diversità di vedute costringeva due amici a combattere l’uno contro l’altro; seppur l’obiettivo finale di entrambi fosse quello di proteggere la propria patria. Una storia ben scritta, accattivante e tecnicamente ineccepibile, con un episodio in particolare in cui si assiste ad un piano sequenza da mani nei capelli.

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Una scena tratta da My Country: The New Age in esclusiva su Netflix.

Ci sarà spazio comunque – più avanti –, magari attraverso articoli dedicati, per raccontarvi meglio le vibes trasmessemi da My Country: The New Age e la storia sudcoreana da cui attinge, ma ci tenevo a farvi sapere che è stato questo il momento esatto da cui ha avuto origine il mio viaggio nei colori grigio porpora della Corea del Sud.

Se ripenso a quanto appreso finora, avverto un senso quasi nostalgico e malinconico, dovuto principalmente alle lacrime che ogni cosa vista e udita mi ha spontaneamente spinto a versare; laddove difficilmente mi lascio intenerire. La maniera in cui vengono affrontati i drammi personali, la comicità, gli usi e i costumi, o temi come l’amore e l’amicizia – seppur alle volte piuttosto romanzati –, non hanno eguali nel panorama odierno. Che si tratti dunque di film, k-drama, musica o altri media, non ci impiegheremo molto a mettere a nudo noi stessi, abbassando quelle inutili difese costruitesi nel tempo con sudore e fatica.

E non vi è nulla di male in tutto questo.

Chi non riesce infatti ad approcciarsi a tale cultura o a tali opere – denigrandole – è soltanto colui che ancora non è in grado di accettare sé stesso nella sua totalità; o quantomeno io la vedo così a seguito di numerosi dibattiti avuti sul tema.

Ovviamente ciò di cui vi sto parlando è frutto di fantasia, in cui sono insite delle verità e non è lo specchio reale di un paese in forte crescita sì, ma infarcito di tante contraddizioni; e se dietro ad ogni gesto vi son nascosti dei valori, non è detto che questi vengano sempre rispettati.

Perché ad esempio, nelle relazioni, i coreani non sono poi così romantici come lasciano intendere, quanto piuttosto lo diventano poiché, testuali parole: “nei drama la gente vede quello e si aspetta quello”. Sono molteplici invece i casi di ghosting che si verificano tra due “innamorati”, la rudezza di alcuni comportamenti, gli appuntamenti al buio o lo scarso dialogo in una coppia. La vita stressante delle popstar, inoltre, esattamente come avviene in Giappone – per alcuni –, ha come unica via d’uscita il suicidio; presi spesso di mira dai Tabloid e messi alla gogna mediatica al primo errore commesso.

Insomma, non facciamo di tutta l’erba un fascio, ma converrete con me che non è tutto oro quel che luccica. Giusto?

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Goo Ha-ra, cantante e attrice sudcoreana morta suicida il 24 novembre 2018.

Eppure, a seguito di quanto detto, vi è qualcosa nella cultura sudcoreana che cattura ed affascina.

Le bevute a base di Soju con annesse sbronze; le passeggiate notturne per i quartieri di Seoul; le veglie funebri; le imprecazioni continue (aish; aigoo) e molto altro, donano un’idea forte e chiara di quale sia il folklore che avvolge la Corea del Sud.

In My Mister (Na-ui ajeossi), forse il più bel k-drama mai visto, di situazioni simili ne ho vissute un sacco; come se le avessi provate sulla mia pelle. E come non menzionare Reply 1988, serie che ti catapulta direttamente negli anni ’80 e ti porta a conoscere la vita di quattro famiglie che vivono nello stesso quartiere? Quante risate e quanti pianti che mi son fatto avvicinandomi ad essi. E se ancora non si ha avuto la possibilità di visitare fisicamente questi luoghi tramite viaggi organizzati, quale occasione migliore di questa potrebbe palesarsi? Perché se non ci si ferma al solo drama di turno, ma si approfondisce in maniera decisa il substrato da cui ha origine, spinti dalla curiosità, vi si apre un mondo.

Il cast di Reply 1988 al gran completo.

Un mondo che riserva numerose sorprese, dalle pietanze tipiche come il Kimchi per chi è goloso e ansioso di provare nuovi sapori, ad una musica che va oltre il k-pop e i soliti nomi quali BTS e BLACKPINK.

Potrei citare infatti, diversi artisti indipendenti o più conosciuti come BiBi (비비); Luli Lee (이루리); Fromm (프롬); Minsu  (민수); OoOo; Miirae (미래); Suyo (수요); ESAE; o gli Off the Menu, per farvene capire l’importanza, ma è più facile a dirsi che a farsi. Ognuno di noi ha una propria sensibilità musicale – giustamente –, pertanto sarebbe opportuno ascoltare con le proprie orecchie ciò che più lo aggrada; ma sempre a patto di rinunciare ai propri preconcetti, in modo da lasciarsi trasportare.

A seguito di quanto vi sto raccontando, comunque, sento di essere cresciuto molto, arricchendomi con quel qualcosa che cercavo da tempo e che non riuscivo ad identificare.

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La cantante e bassista Luli Lee.

Le mie piattaforme di streaming e i miei social oramai parlano solo la lingua sudcoreana (e giapponese); e fatico davvero a farmi coinvolgere da opere o artisti occidentali. Ovviamente non perché sono peggiori, ma perché ne sono saturo; e non me ne vogliate se vi dico che il più delle volte ciò che viene osannato dalla massa (tipo i film sui supereroi MARVEL / DC)  a me annoia. Per quanto mi riguarda, qui siamo totalmente su altri livelli e tutto ha un profumo – finalmente – di fresco e genuino. E seppur qualcosa alla fin fine possa risultare ridondante e già visto, riesco sempre ad apprezzarne la genialità ad ogni sua messa in scena.

Vogliamo parlare di videogiochi per un attimo? No, perché al netto delle scarse informazioni, avete visto quant’è bello DokeV? Quanto Stellar Blade stia venendo su bene? O quanto Lies of P, al netto delle sbavature percepite nella demo provata, sia comunque un prodotto interessante? Se riuscissero solo ad essere più celeri nello sviluppo, probabilmente a quest’ora ne staremmo godendo tutti. Ma tempo al tempo. Bisogna investire risorse che evidentemente – ad oggi – non sono ancora paragonabili a quelle di altri publisher.

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Immagine tratta dal videogioco in via di sviluppo intitolato DokeV.

Cosa che invece sta avvenendo con i Manwha, spesso oggetto di riadattamenti live action, e ci fanno vivere esperienze inedite. Al di là del blasonato Solo Leveling che ancora non ho iniziato a leggere, vi sono opere come Songgot, Hellbound, Sweet Home e Itaewon Class che sono dei veri e propri must have e meritevoli di interesse. E anche se alcuni li abbiamo conosciuti attraverso le serie TV di Netflix, altri stanno trovando sempre più spazio in Italia grazie alle case editrici; o alle consuete scan reperibili sul web, tradotte da alcuni fan nel nostro idioma.

Potrei stare ore e ore a parlarvi della Corea del Sud, delle sue tradizioni e del perché sia una delle nazioni che punto a visitare al più presto; ma non è questo il momento.

Questo articolo l’ho scritto soltanto perché mi andava di descrivere come io mi sia spinto sin qui, prendendomi una pausa enorme dalla prima volta che vidi Old Boy per arrivare ad oggi; e per rassicurarvi che oltre Squid Game, The Glory e affini, c’è molto, anzi tanto, ma tanto di più. Spero solo di essere arrivato a voi attraverso un percorso che ritenevo giusto, ed aver fatto scattare quella scintilla presente in ognuno di noi.

Tornerò a scrivere temi inerenti alla cultura sudcoreana appena sarà possibile, magari recensendo alcuni film e k-drama visti, dando vita ad un’apposita rubrica in cui vi racconterò i miei ulteriori passi in questo splendido mondo; ma per ora è tutto.

Alla prossima.

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Gennaro Schiavelli

“Non vuoi niente. Non credi in niente. Il futuro è il tempo che ti rimane prima di finire un videogioco. Non credi nella vita dopo la morte e hai poca fiducia nella vita in generale. L’unica cosa che sai per certo è che non vuoi le stesse cose dei tuoi genitori.”