God of War – Un viaggio alla riscoperta dell’epopea di Kratos
Fino a qualche anno fa nessuno pensava che Kratos, uno dei personaggi videoludici più iconici degli ultimi tempi, emblema della violenza e della rabbia, nonché indiscusso protagonista della serie God of War, sarebbe tornato con una nuova avventura, vista la conclusione del terzo capitolo uscito per PlayStation 3.
Eppure, Santa Monica Studio ha deciso di tornare in pista e sviluppare una nuova saga, che è riuscita a spiccare grazie ad un’esaltante spettacolarizzazione del gameplay, una storia inedita e sopra le righe, accompagnata da un comparto tecnico dotato di una scenografia capace di sovrastare qualsiasi live action. God of War, l’ultima fatica dello studio rilasciata nel 2018, è una delle migliori produzioni videoludiche mai approdate su console; l’arco narrativo del Dio della Guerra che in questi anni abbiamo imparato a conoscere, non solo ripercorre anche la storia Greca, ma tratta alcune tematiche come l’inganno, per quanto riguarda l’opera di Dei crudeli, la rivalsa, il tentativo di lavarsi con il sangue dei nemici e la conoscenza, che conduce il protagonista Kratos nel riconoscere quale sia la sua vera identità.
Le vicende del Fantasma di Sparta si disseminano in ben sette capitoli canonici e nonostante pensassimo che God of War III potesse essere la degna conclusione dell’intera saga, Santa Monica Studio ha pensato che chiudere il siparietto creato fino a quel momento avrebbe lasciato qualche faccenda in sospeso, malgrado ormai non ci fosse più niente da raccontare. Ed è qui che Kratos ritorna in scena, un po’ invecchiato ma ancora terribilmente feroce e pronto a capovolgere la cultura norrena.
Prima di addentrarci in questa nuova avventura, andremo a ripercorrere gli atti che hanno composto una delle tragedie videoludiche più drammatiche di sempre. Potrebbero seguire spoiler sulla serie.
La nascita del guerriero di Sparta
Il nostro burbero e scontroso Figlio di Sparta, erede di Callisto e fratello maggiore di Deimos, era diventato uno dei guerrieri più temibili di tutta la Grecia. Tramutatosi in un temibile spartano e temuto da qualsiasi nemico, decide di sposare una donna di nome Lysandra, da cui ha una figlia, Calliope. Kratos, diventato un marito ed un padre, viene costretto a ritornare in battaglia a causa di un’invasione da parte dell’esercito dei barbari.
L’esito fu disastroso: l’esercito dello spartano venne decimato e il protagonista si ritrova solo e dinanzi al martello del Re dei barbari. Trovandosi in difficoltà e sul ciglio della morte, invoca la volontà di Ares, il Dio della Guerra, chiedendogli aiuto in cambio della sua stessa anima. Ares accetta, concedendogli le famigerate “Lame del Caos”, le potentissime spade attaccate ai polsi che trasmetteranno al protagonista una spietata sete di sangue.
Per anni il guerriero di Sparta viene obbligato dalla divinità a saccheggiare, razziare e a commettere le più crudeli efferatezze; nessun nemico veniva risparmiato, neppure sua moglie Lysandra e sua figlia Calliope, uccise durante un assedio al tempio dell’Oracolo dedicato ad Atena. La Dea avvisò Kratos di non entrare al suo interno, ma lo spartano accecato dalla follia, saccheggiò il tempio e uccise le due fanciulle accorgendosi soltanto dopo dell’atto compiuto. Da quel momento il suo dolore lo condurrà in una terribile agonia, venendo perseguitato da orribili visioni e da inenarrabili sofferenze, tanto che la sua pelle si cosparse del bianco delle ceneri dei corpi bruciati dei suoi cari. Fu così che nacque la leggenda del Fantasma di Sparta.
Preso dalla sete di vendetta e dalle continue visioni, decide di voler rompere il patto con Ares, ma nel mentre un’ombra gli rivela che le Furie sono alla ricerca dello spartano, mettendolo anche al corrente che l’unico modo per combattere le sue visioni si trovava a Delfi.
Ricordo che il primo capitolo, arrivato nel 2005, mi lasciò molto sorpreso sotto svariati aspetti, anche quelli legati alla storia che cercavo di comprendere al meglio nonostante la giovane età. La mia curiosità venne però catturata in particolare proprio dal dinamico gameplay che permetteva infinite soluzioni ludiche in un mondo tridimensionale con telecamera fissa caratterizzato da un ottimo level design. Il protagonista poteva passare da una zona all’altra senza interruzioni e con un ritmo enfatizzato da combattimenti frenetici e brutali che pompavano l’adrenalina a mille. Il tutto condito da Quick Time Event, ovvero una sequenza di comandi a tempo che rendevano gli scontri ancora più spettacolari ed appaganti, seppur talvolta un po’ troppo snervanti [la cosa secondo me diventava più estenuante soprattutto nei capitoli successivi; ma i QTE migliori restano sempre quelli di Shenmue – NdR Isma].
Ma torniamo a noi, perché la storia qui incomincia a farsi interessante.
God of War: Ascension, l’inizio di tutto
Cronologicamente parlando, Ascension (2013) è il primo capitolo dell’intera saga, sebbene sia arrivato molto più tardi rispetto a tutti gli altri. Seppur la storia abbia inizio da qui, l’opera di Santa Monica, non mi convinse del tutto, come del resto a molti altri videogiocatori [è effettivamente il più debole della vecchia formula, anche se tutto sommato non mi era dispiaciuto; sempre meglio degli aberranti Ninja Gaiden Sigma 2, Ninja Gaiden 3 e Devil May Cry 2 – NdR Isma]. Il team sembrava aver fatto un passo indietro, specie dopo il validissimo God of War III, che dell’intera saga resta tra i migliori mai giocati assieme al due; ma ne parleremo al momento opportuno.
A livello narrativo, In Ascension la vicenda riprende dalle Tre Furie: Megera, Tisifone e la regina Aletto. Erano alla ricerca di Kratos che nel mentre si stava dirigendo presso il tempio dell’Oracolo di Aletheia, dove incontra Castore e Polluce. Qui i guardiani dell’Oracolo lo ostacolano e l’unica cosa che Kratos decide di fare è quella di affrontarli, avendo la meglio, riuscendo a venire oltretutto in possesso della Gemma di Uruboro, con la quale acquisisce la capacità di sanare o deteriorare edifici e costruzioni (forse la meccanica ludica più interessante dell’intera esperienza, specie per le sezioni puzzle solving ricreate).
Raggiunto l’Oracolo, gli viene rivelato che l’ombra che lo aveva aiutato non era altro che la furia di Orkos, e che il modo per colmare le sue visioni era quello di raggiungere la “Lanterna di Delo“, oggetto che lo avrebbe aiutato a liberarsi dalle terribili visioni che lo affliggono, così Kratos decide di raggiungere il porto di Delo; sulla nave incontra il figlio di Ares e di Aletto: Orkos, che non solo si allea con il Fantasma di Sparta, ma gli rivela pure il piano del padre.
Orkos, cosciente dei danni recati da suo padre a Kratos, decide di ribellarsi. Se vi fermate a riflettere sulla questione, tutto sembra essere paradossale, dato che le Erinni sono nate con l’intento di punire i crimini del proprio sangue. Una volta raggiunto Delo, Kratos trova dinanzi a sé un mostro marino che lo ostacola; ad aspettarlo ci sono anche le Tre Furie, che danno il via allo scontro con lo spartano. Durante la battaglia, la Lanterna di Delo finisce in fondo al mare e Kratos immobilizzato dalla Regina viene soccorso da Orkos, il quale gli dona il dono di sdoppiarsi temporaneamente.
Così facendo Kratos riesce e a liberarsi e recuperare la Lanterna ottenendo gli Occhi della Verità, che gli donano il potere di smascherare le illusioni delle Furie. Il guerriero spartano viene in seguito catturato e portato nella loro prigione, qui fa il suo ingresso Megera che nel vano tentativo di ucciderlo, accidentalmente lo libera, facendo così scagliare la furia dello spartano su di lei. Successivamente, Aletto decide di tramutarsi nella moglie di Kratos, Lysandra, per cercare di ingannarlo, ma grazie agli Occhi della Verità, Kratos svela l’inganno delle Furie e con le Lame Del Caos pone fine all’esistenza della Regina.
Ma c’è un problema, a seguito della dipartita delle Furie, Orkos diventa il portatore del patto e Kratos lo accetta a malincuore, sapendo dell’atto che dovrà compiere. Questa e stata la scena che mi ha più colpito, non solo per la sofferenza che emana Kratos per l’atto commesso, ma anche perché da giocatore ti senti messo alle strette e sai di dover compiere un’azione non poi così giusta.
Commesso l’atto, Kratos ritorna ad essere libero ma con una grande sete di vendetta nei confronti della divinità Ares.
Dopo aver appreso il piano del Dio, speranzoso si affida nell’aiuto degli Dei per cercare di rimuovere le terribili visioni che lo affliggono, ponendosi al loro comando e obbedendo a qualunque richiesta gli venga fatta. Da quel momento ecco subentrare le catene che lo imprigionano al volere degli Dei, conducendoci così al prossimo capitolo della saga: Chains of Olympus (2008), uno degli episodi che sulla portatile di Sony ho giocato più volte e più volte.
Bisogna ricordare che l’opera non venne sviluppata da Santa Monica, bensì da Ready At Dawn Studios (sotto la supervisione degli autori originali, ovviamente). Lo stile era sempre in linea con i predecessori, ma lo trovai tecnicamente molto coinvolgente per essere giocato su una piccola console. Graficamente non era il massimo, eppure appagava l’esperienza sotto ogni aspetto, rivelandosi un vero miracolo su una PSP.
In questo capitolo la storia raccontata vedeva la Signora degli Inferi, Persefone, distruggere l’Olimpo per essere stata costretta a sposare Ade e a rimanere nelle profondità dell’Inferno. Ella infatti spinge lo Spartano ad aiutarla per raggiungere il suo obiettivo e in cambio avrebbe potuto vivere in eterno con sua figlia Calliope nei Campi Elisi.
Nel rivedere la piccola, il guerriero di Sparta viene liberato dalle ceneri sparse sul suo corpo, ma Persefone essendo una perfida affabulatrice sa che prima o poi Kratos avrebbe messo fine al suo creato. Così il Fantasma di Sparta decide di brandire le Lame del Caos e di porre fine a Persefone, facendo cessare il patto stabilito.
Lo scontro tra Dei e Fantasmi
In seguito agli avvenimenti accaduti per il volere di Atena, il protagonista decide di voler affrontare Ares, ma come ben saprete per un mortale sfidare un Dio Olimpico non è un’ impresa facile.
Dopo essere arrivato ad Atene, Kratos si trova davanti all’armata di Ares. Qui incontra un becchino che stava scavando una tomba destinata proprio allo spartano, in quanto, secondo lui, sarebbe servita al momento opportuno. Il Fantasma di Sparta decide di non darci peso e di farsi largo tra l’armata nemica. Dopo aver salvato Atena dalle arpie, l’Oracolo gli rivela che per compiere la sua vendetta dovrà trovare il Vaso di Pandora, dove secondo la leggenda al suo interno è contenuto il potere per sconfiggere le divinità.
Poco prima di raggiungere l’artefatto, Kratos viene ucciso a tradimento da Ares che lo spedisce dritto negli inferi, ma riesce a ritornare sulla sua strada proprio grazie alla tomba scavata dal becchino. Tornato nella terra dei vivi, il Fantasma di Sparta raggiunge la divinità dando vita allo scontro: Kratos scatena tutta la sua furia contro Ares riuscendo a trafiggerlo nel petto e ad ucciderlo.
Nonostante abbia portato al termine tutte le imprese richieste, gli Dei non mantengono la parola data, lasciando così le visioni nella testa dello Spartano. Distrutto dal dolore, il protagonista decide di buttarsi giù da un burrone per porre fine così alle sue sofferenze, ma mentre precipita viene salvato da Atena, che lo porta sull’Olimpio e nel seggio di Ares, assumendo il titolo del Dio della Guerra.
Sebbene ora sia diventato il Dio della Guerra, per Kratos non è finita, perché nella testa dello spartano incominciano ad affiorare dei nuovi fantasmi del passato. Ecco che da qui subentra il capitolo Ghost of Sparta, rilasciato sempre per PSP nel 2010. In Ghost of Sparta il nostro protagonista viene assalito dai ricordi di quando viveva con il fratello, Deimos.
Per cercare di scoprire il motivo di questi ricordi, Kratos si reca ad Atlantide al tempio di Poseidone dove incontra Callisto, malata, la quale gli chiede di trarre in salvo il fratello dall’oltretomba per mano di Tanato, l’incarnazione della morte. In questa sequenza è facile comprendere alcuni aspetti narrativi sui due fratelli, ancora bambini. All’epoca dell’accaduto, Sparta venne attaccata da un esercito comandato da due strane figure, venute per prendere Deimos; nel tentativo di fermarli, Kratos viene colpito in un occhio – il destro –, sul quale è presente la cicatrice.
Incapace di muoversi vide il fratellino allontanarsi per sempre, mentre una delle due figure si avvicinava a lui chiedendogli perdono. Kratos, assistendo al rapimento di Deimos, portato via da due individui che in realtà erano Ares e Atena, si tatuò sulla pelle un tatuaggio rosso che partiva dalla testa fino al braccio sinistro, in segno di quello che aveva Deimos fin dalla nascita.
Le due divinità avrebbero portato via il ragazzo per via di una premonizione a riguardo di un guerriero marchiato e dalla pelle nera: tra i due fratelli, Deimos era quello con la pelle solcata e una striscia rossa in viso. Così, spaventati da questo, le due divinità conducono il ragazzo dal Dio della morte.
Una volta uccisa Erinni, Kratos riesce a raggiungere il fratello, ma preso dall’ira, ingaggia una battaglia furibonda e fratricida contro il suo stesso sangue. Durante il duello, sulla soglia del colpo fatale che sta per ricevere Deimos, compare Tanato, fortemente intenzionato a vendicare la morte della figlia. Kratos, immolandosi verso il fratello, riacquista la sua fiducia e insieme riescono a sconfiggere Tanato.
Ma in quel momento il Dio della morte rivela che la profezia di cui parlava riguardava Kratos e che un giorno sarebbe stato lui a rovesciare il trono di Zeus. Con Tanato ormai sconfitto, Deimos perde la vita lasciando a Kratos il compito di seppellirlo nella tomba scavata dal becchino. In quell’istante appare Atena che decide di cancellare la memoria del guerriero per alleviarlo dalla disperazione, ma il protagonista rifiuta, dicendogli: “Non è finita. Gli Dèi pagheranno per questo”. Atena sussurra: “Perdonami, fratello”; Il becchino che si trovava lì, in quell’istante, esclama “Ora ne resta soltanto uno”, rivelando di essere niente di meno che Zeus.
Da qui comprendiamo che il protagonista è il figlio di Zeus, il fratello di Atena e di Ares. Fu così che l’arco narrativo di God of War si trasforma in una faida familiare.
La nascita di un tradimento
La morte di Deimos viene affrontata nel capitolo di God of War: Betrayl, un intermezzo uscito solo per dispositivi mobile nel 2007; titolo che non apprezzai per niente. L’esperienza fu negativa; ingiocabile in quanto i comandi risultarono parecchio scomodi da padroneggiare, specie durante gli scontri più articolati. Anche a livello narrativo non fu poi così esaltante, se non per alcuni colpi di scena in merito allo scontro con Zeus.
La vicenda vedeva Kratos con l’intento di distruggere le città della Grecia. Per fermarlo, Era manda sulla terra una feroce bestia di nome Argo che il protagonista riesce a rendere innocua, evitando così di ucciderla e di scatenare l’ira della moglie di Zeus.
Ma nonostante Argo rimanga in vita grazie a Kratos, un assettato emissario sconosciuto riesce ad ucciderlo, con l’intento di far ricadere la colpa sullo Spartano.
Kratos, preso dalla sete di vendetta, decide di mettersi alla caccia del sicario, distruggendo qualunque cosa sulla sua strada; una volta trovato il guerriero, lo uccide con tutta la cattiveria in corpo, dando così il via alla sfida contro Zeus; sfida che verrà ripresa poi in God of War II (2007).
In God of War II, l’ammazza-dei assedia la città di Rodi dove uccide il suo grande Colosso, grazie all’utilizzo della Spada dell’Olimpo, un’arma micidiale donatagli da Zeus, dando vita ad una delle più epiche ed intense boss fight della serie (seconda solo alla battaglia contro Poseidone che apre le danze del sequel).
Tuttavia questa spada non fu che un altro inganno ordito da Zeus a suo figlio: la lama di fatti assorbe i poteri del guerriero facendolo diventare di nuovo un mortale, così il Re dell’Olimpo, senza esitare, trapassa il petto del figlio, facendolo precipitare giù nell’Ade. Durante la caduda viene salvato da Gaia, la madre dei Titani, antica rivale di Zeus.
Con l’aiuto di Gaia, il guerriero di Sparta si precipita sulle tre isole: Parche Cloto, Lachesi e Atropo, per cercare di ritrovare il telaio con il quale controllano il destino di ogni essere vivente, oltre a permettere di tornare indietro nel tempo. Ovviamente il Fantasma di Sparta riesce a ritornare nel passato, dove brandisce la spada dell’Olimpo e sconfigge Zeus, ma nell’atto della vendetta, Atena per difendere il suo Re viene trafitta dalla lama.
Atena sul ciglio della morte, rivela la vera ragione del perché Zeus nutre un senso di odio nei confronti del figlio. Per nulla scosso dalla rivelazione di Atena, Kratos ritorna al tempo dei Titanomachia e grazie al potere conferito dalle Sorelle del Destino, riporta nel presente i pochi Titani sopravvissuti. Il guerriero di Sparta in groppa a Gaia brandisce la Spada dell’Olimpo e incomincia a farsi strada per attaccare e dare inizio alla grande battaglia finale.
I Titani contro l’Olimpo
La grande battaglia ha inizio.
Come già anticipato nel paragrafo di Ascension, questo capitolo rappresenta l’apice di questo tortuoso arco narrativo di Kratos e la fine dei giochi. Approdato su PlayStation 3 nel 2010, God of War III è stato una vera e propria rivoluzione: graficamente era uno spettacolo e il gameplay coinvolgente e brutale come non mai, presentando boss fight ben coreografate e di una cattiveria mai vista prima. Del resto non poteva essere che così, visto che vedevano in primo piano i Grandi Dei dell’Olimpo.
Di fatti in questo episodio Kratos dovrà distruggere il Pantheon Ellenico, anche se prima dovrà vedersela contro Ade, Elio, Ermes, Era e Crono, il mastodontico Titano e padre di Zeus.
Tornato nel mondo dei vivi, Kratos scopre che per spegnere la fiamma dell’Olimpio avrà bisogno di Pandora, la figlia di Efesto. Il rapporto che viene a crearsi tra Pandora e Kratos rappresenta un sentimento quasi paterno, tanto che trai i due si crea un legame affettivo, che induce il Fantasma di Sparta a proteggere la fanciulla, ma purtroppo, dinanzi alla fiamma del vaso di Pandora, quest’ultima si getta nel fuoco permettendo così a Kratos di assorbire l’energia creata.
Colmo di rabbia e di dolore, Kratos si scontra con Zeus, dove la battaglia si conclude con la vittoria del figlio, andando a privare il mondo delle sue divinità e gettandolo in una riserva caotica e priva di vita. In quell’attimo appare Atena, che chiede al protagonista di restituirgli il suo potere, la “Speranza”. Donandogliela, il mondo sarebbe ritornato com’era e sotto la guida di una nuova Dea. Ma Kratos ha altri piani e decide di prendere la spada e di trafiggersi spontaneamente distruggendo così ogni vana speranza di salvezza
Con un cenno di altruismo, le gesta di Kratos giungono al termine, anche se sul ciglio di dove giaceva il corpo si intravede una scia di sangue, la quale dimostra la sopravvivenza del Fantasma di Sparta che non ha ancora tirato le cuoia.
Un nuovo inizio
Ed eccoci arrivati ai tempi odierni, quando sembrava che le gesta di Kratos sembravano ormai concluse, lo studio in cima al settore ludico torna in scena con un nuovo capitolo che vede nuovamente protagonista il Dio della Guerra, ma questa volta invecchiato e con i segni delle cicatrici del passato incise sul suo volto.
Ambientato nella civiltà Norrena, il vecchio fantasma di Sparta, dopo essere uscito vittorioso dallo contro con suo padre, Zeus, inizia una vita a Nord come un eremita pieno di promesse, tra cui quella di non rivelare mai più la sua vera identità, a nessuno.
Ma, durante la sua permanenza nel Nord, fa la conoscenza di una donna del posto, che con il passare del tempo diventerà sua moglie e dalla quale avrà un figlio di nome Atreus.
Per il nostro eroe, l’arrivo di questa creatura non può che essere un altra sfida da superare e che lo vedrà protagonista della sua crescita, data la scomparsa della sua amata.
La storia che in God of War del 2018 si è andata ad esplorare è molto diversa rispetto a quella raccontata nei capitoli precedenti. Molto più matura e introspettiva, l’eterno Kratos, oramai divenuto (nuovamente) padre, ha abbandonato il suo triste passato, malgrado questo continui a tornare ogni qualvolta ci pensi.
Il viaggio intrapreso è il racconto del suo legame con il figlio; un figlio che davanti a sé ha ancora molto da imparare e che prima o poi dovrà fare i conti con la vera identità della persona che ha vicino. Un titolo che a distanza di quattro anni dall’uscita sul mercato continua ancora oggi a far parlare di sé, con il seguito, God of War: Ragnarok, uscito proprio quest’oggi e che ci farà vivere un nuovo ed entusiasmante viaggio, stavolta per tutti e Nove i Regni dopo l’avvento del Fidelwinter.
In questo attesissimo seguito sappiamo che Kratos e Atreus saranno alla ricerca di risposte e di alleati, per impedire che la distruzione del mondo chiamato Ragnarok arrivi prima del previsto. Dovranno fare i conti con il Dio del Tuono, Thor, il figlio di Odino, apparso proprio nell’ultimo trailer pubblicato dallo studio.
Per l’ormai ex Fantasma di Sparta sarà l’impresa più difficile mai affrontata finora, e chissà se arriverà il fatidico momento di lasciare il posto al figlio dopo questo sequel?
Non ci resta che scoprirlo giocando God of War: Ragnarok.
Appassionato di videogiochi e di cinema fin dalla tenera età. Crescendo negli anni ha incominciato studiarli e a comprendere tutto ciò che si cela dietro il processo creativo.