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Elden Ring – La recensione di un viaggio indimenticabile

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Il nuovo gioco di FromSoftware ha fatto breccia nel mio cuore, risucchiandomi appieno nel suo immenso mondo

In un contesto in cui sempre più titoli open world vengono realizzati con lo stampino, non mi sembrava vero, una volta messe le mani su Elden Ring, di aver ritrovato quella gioia perduta di videogiocare. Non che non vi fossero stati in precedenza giochi capaci di catturarmi in toto, vedasi ad esempio Shin Megami Tensei V, ma sinceramente era da considerarsi oramai del tutto perduta la mia speranza di rivivere un’epopea come il solo titolo From Software ha saputo offrirmi di recente. Intendiamoci, non mi reputo un videogiocatore esigente che pretende sempre di avere meccaniche stratificate chissà quanto, o che necessita per forza di cose di ritrovarsi di fronte ad una trama ben costruita ed avvincente, poiché esigente non lo sono per natura. A me ‘ste baggianate, difatti, non interessano minimamente. Perlomeno quando si tratta di immergersi in un’opera di tale grandezza, che punta a fare il suo attraverso numerosi aspetti perlopiù abbandonati – nel corso degli anni – da diversi sviluppatori. Mi basta invece che vi sia una buona base di partenza e che da quella base venga costruito un qualcosa che abbia, a conti fatti, una coerenza; dall’inizio alla fine.

Elden Ring

La tendenza oggi parla di prodotti che spingono costantemente nella ricerca del super graficone, dove se non analizzi a fondo la texture e non la metti in risalto, dici: “chi cazzo ve lo incula ‘sto gioco di merda?” Dove la trama viene resa avvincente sì e no nelle battute finali, e per il restante tempo trascorso assieme ad un titolo ti sei fatto i coglioni quadrati. E di base, ciò che realmente conta in un videogioco, come il gameplay, spesso viene lasciato ai margini, quasi come fosse un corpo estraneo ed inserito solo successivamente, senza aver goduto del giusto guizzo; di quell’idea genuina che lo ha portato sin qui, davanti ai nostri occhi, insomma. Te ne accorgi quando qualcosa viene sviluppato prima dal solaio piuttosto che dalle fondamenta; è inutile negarlo e sarebbe intellettualmente disonesto non ammetterlo. Può scendere pure Cristo in terra per provare a convincerti del contrario, ma chi videogioca da tutta una vita sa dove risiede spesso il reale problema – la criticità – di un videogioco.

Che poi tutta ‘st’accessibilità al giorno d’oggi cosa ci ha portato, se non a mappe enormi infarcite di icone che ti guidano nell’esplorazione perlopiù soporifera, dove fai le solite due cose avanti e indietro per la mappa che a ‘na certa inizi pesantemente a sbadigliare? Ovviamente non sto dicendo che non apprezzi altro al di fuori di un’opera come Elden Ring o suddette produzioni, ma che Elden Ring è stato una reale ventata di aria fresca nel panorama degli open world odierni dopo tanto, troppo tempo. E sapete qual è la cosa buffa? Che la cara FromSoftware ci ha messo tutti in saccoccia, poiché non ha stravolto o inventato nulla di nuovo, se ci si pensa attentamente. Semplicemente è partita da un’idea di base consolidata e da una formula di gioco oramai nota, aggiungendovi una mappa enorme esplorabile liberamente, senza troppe limitazioni di sorta, sin dal principio.

Elden Ring

Ha preso spunto insomma da ciò che proponevano i J-RPG di una volta con la loro world map, o dal più recente Zelda: Breath of the Wild (se vogliamo), lasciando al videogiocatore il completo controllo decisionale. Vuoi andare subito a destra piuttosto che a sinistra? E vacci, chi te lo vieta. Preferisci avvelenarti in una palude o morire sotto l’occhio vigile di un sole che causa la Marcescenza? Scegli, saranno problemi tuoi, però.

Questo è il succo di Elden Ring, non l’ennesima cutscene a cui siamo giunti perché un’icona gialla sullo schermo ci ha guidato sin lì, dopo aver attivato il sesto senso per rilevare le tracce da seguire (che a quanto pare tutti i personaggi oramai hanno, tranne noi comuni mortali e poveri scemi).

E che bello, cazzo!

Bello perché io, mammata e tu, se stiamo giocando al nuovo titolo di Bandai Namco, stiamo facendo cose sicuramente opposte, difficilmente simili, e lo stiamo approcciando come più ci aggrada. Aaaah… che senso di liberazione, quasi come sedersi sul water dopo aver aspettato un’intera giornata per espellere quell’insoddisfazione che spesso bussa e devi tenerti dentro giocoforza. C’hai presente? E mentre io mi sono creato la mia build preferita virando sulla classe del samurai perché il Giappone è il mio sogno bagnato, tu magari ti sei creato il mago perché da sempre affascinato dal “Bidibi bodibi bu”. Ma quanto appaga tutto ciò, ragazzi? Essù, non ve n’è proprio.

Elden Ring

Se vi stesse chiedendo poi: ma ‘sto Elden Ring, di cosa tratta? La mia risposta è: ah… boh, aspettate n’attimo che devo raccapezzarci qualcosa pur’io. So solo che quando l’Anello Ancestrale andò in frantumi, i suoi frammenti denominati Rune Maggiori finirono nelle mani di alcuni semidei, la progenie di Marika, che sfruttarono il potere di queste ultime per ascendere a uno stato di esistenza superiore e che il nostro scopo è quindi quello di rimetterne insieme i pezzi. Pertanto non l’ho mica capita a cosa è servita realmente ‘sta collaborazione tra lo studio di Hidetaka Miyazaki e George R.R. Martin, se non a rendere tutta l’esperienza ancora più onirica, se vogliamo. Per carità, estremizzo, ma è davvero così che si dipana la trama, attraverso un’idea ancora più criptica dei precedenti lavori dello studio e che ti parla attraverso gli oggetti, le armature e le controverse missioni secondarie che questo ti regala. E sinceramente anche qui sta il bello, poiché viene lasciato spazio a chi gioca d’interpretare ciò che avviene nell’Interregno.

Poi i gusti son gusti, per carità, c’è a chi questo modo di cantare storie piace e a chi meno, ma lo considero il giusto compromesso volto a liberarsi dai vincoli degli open world attuali. E ci riesce; diamine se lo fa! Altrimenti col cavolo che mi facevo questa prima run di 160 ore circa, credetemi.

Elden Ring

L’esperienza in sé, difatti, che sta proprio alla base di Elden Ring, è quella che abbiamo ormai imparato a conoscere da Demon’s Souls in poi, ma che è la summa, il perfetto riassunto di tutte le opere della software house che si sono susseguite nel corso degli anni con l’aggiunta, però, di qualche piccola new entry. Ritornano quindi i falò (qui rinominati Grazie), dove avrete la possibilità di riposare per ripristinare le vostre energie, aumentare di livello e far respawnare i nemici, ma anche farmare oggetti, creare balsami per avere ulteriori vantaggi in battaglia, etc. e che fondamentalmente altro non sono che quei luoghi dove potrete finalmente tirare quel tanto agognato sospiro di sollievo. Ritornano le famigerate anime (qui rinominate Rune) rilasciate dai nemici sconfitti che servono tendenzialmente a potenziare il vostro personaggio o ad acquistare oggetti presso i mercanti. Mentre per quanto concerne il gameplay nudo e crudo le cose si fanno, via via che proseguirete il vostro viaggio, decisamente più interessanti. In primis, perché per girare nel vasto mondo di Elden Ring potremmo finalmente ricorrere ad una cavalcatura che risponde al nome di Torrente (una sorta di mulo con le corna capace di sfruttare le correnti d’aria per effettuare assurdi salti in verticale, e dotato persino del doppio salto), con cui potremo anche attaccare i nemici (laddove previsto); in secondo luogo perché è stata introdotta la possibilità di effettuare i salti (che tornano utili per combattere, ma anche per proporre soluzioni di platforming diverse) e di attaccare un nemico in modalità stealth. Ritorna poi, chiaramente, l’attacco leggero e quello pesante, entrambi eseguibili con i mai domi dorsali, così come ritorna la possibilità di impugnare a due mani l’arma equipaggiata nella mano destra o sinistra che sia, e così via. Le possibilità offerte inoltre dalle varie classi che possono essere modificate e rimodellate a piacimento anche in corso d’opera, sono quindi molteplici. Questo perché oltre a cambiare l’approccio al gioco, alle armi stesse (eccezion fatta per quelle che lo hanno di default), possono essere applicate le cosiddette Ceneri di Guerra, ovvero delle abilità eseguibili con la pressione del grilletto sinistro e che permettono di effettuare colpi piuttosto importanti a discapito di quelli che sono i punti abilità o i punti vita (dipende dalla Cenere) a vostra disposizione. Va sempre quindi ponderata bene l’esecuzione di quest’ultima e il tempismo col quale effettuarla, poiché ognuna di esse varia e richiede più o meno tempo per essere sferrata.

Un’altra novità è rappresentata invece dalla possibilità di evocare in alcune aree specifiche (perlopiù nei luoghi dove sono situati i boss), l’essenza di alcuni spiriti che potranno darvi una grossa mano in battaglia, specie se si tende a voler distrarre il nemico dal focus su di voi per poterlo così colpire come dei veri codardi, alle proprie spalle. Un tripudio di soluzioni che – vi garantisco – non vedrete l’ora di sperimentare finché non raggiungerete il vostro assetto ideale, e che vi spinge ad esplorare da cima a fondo l’Interregno alla ricerca di ogni arma, oggetto o armatura che sia. Difatti è davvero incredibile come il gioco, qualsiasi cosa voi facciate, dal combattere un nemico o dal semplice esplorare, ripaghi a suo modo sempre, e ribadisco sempre, il giocatore. ‘Sta cosa è dannatamente gratificante, sappiatelo, e crea una dipendenza degna delle migliori droghe sul mercato (per utilizzare un eufemismo, eh, visto che anche il cioccolato Kinder può essere considerato tale ed è assolutamente legale).

Ma detto ciò è innegabile come la proposta di Elden Ring in termini strettamente ludici sia di una profondità a tratti imbarazzante (nel senso buono), e che anche in quest’ottica lasci completa autonomia al videogiocatore di gestirsi come meglio crede. Il problema più grande, ancora una volta, e speravamo di essercene sbarazzati, risiede piuttosto nel non sempre riuscito bilanciamento della difficoltà e nella gestione di alcuni problemi legati al feedback dei colpi. Se col primo si avvertono a più riprese picchi di estrema facilità o estrema difficoltà (chiaramente anche a seconda del livello del proprio alter ego, ma comunque a volte mal bilanciati), col secondo non vi nego che lo cose potevano essere fatte diversamente, o quantomeno rifinite maggiormente. E invece siamo ancora qui, nel 2022, sul finire di una pandemia e nel mezzo di una guerra, che FromSoftware ancora non riesce a far sì che un nemico non tenda a colpirti anche attraverso un muro e a farti incazzare come una biscia, grazie ad un suo insulso pattern d’attacco. Più di una volta ho inoltre avvertito come un leggero input lag dei comandi che come sempre non mi ha reso la vita facile, e che spesso ha complicato una mia vittoria dopo che ero giunto a quel tanto così dallo sconfiggere il mal capitato di turno.

Sono piccolezze per chi è imprigionato in questo mondo poligonale da secoli, specie se andando a ritroso nel tempo tornano alla mente situazioni analoghe vissute in epoche remote, ma son pur sempre difetti che potrebbero portare i più allo sconforto. Perché un conto è il voler puntare tutto sulla difficoltà come unicum, un conto è essere stronzi e crearti situazioni ad hoc perché magari escamotage migliore per proportela proprio non vi era. Alcune situazioni già citate diventano persino amplificate in multiplayer, dove infliggere ingenti danni ad un nemico significa coordinarsi; vuoi perché il gioco tende a rendere più tosti i nemici visto che cooperando si gioca sino ad un massimo di tre giocatori, vuoi perché emergono maggiormente alcuni problemi dell’input lag (questa almeno la mia esperienza personale). Inoltre che palle essere costantemente invasi quando uno vuole starsene tranquillo, persino quando indossa un oggetto che dovrebbe garantire l’immunità alle invasioni. Però qui o non ci ho capito nulla io, o non saprei spiegarmelo altrimenti e ha regnato l’ignoranza. Ad ogni modo non avrebbe guastato sotto questo aspetto un’altra lieve aggiustatina, poiché giocare con i propri amici è comunque un valore aggiunto, ma non sempre si ha l’impressione che tutto sia stato bilanciato a dovere. Un altro esempio poi sono le telecamere con il loro fare, che fortunatamente grazie agli spazi enormi sono ora più gestibili ma che continuano a credersi delle perfette danzatrici nei palcoscenici al chiuso, quando danzatrici non dovrebbero essere. Diamine! Mi chiedo se almeno indossassero le ballerine per farci assistere a questo impietoso spettacolo ancora una volta, ma tant’è.

Credo comunque che tutto ciò vada attribuito al vetusto motore grafico utilizzato dagli sviluppatori, che non permette ancora di far fare ai propri giochi quel deciso balzo in avanti in termini di prestazioni e non solo. Parliamo sì di un gioco cross-generazionale, dotato di una grandezza stratosferica, ma che non può giustificare le prestazioni “strane” anche su PC di fascia alta e console di nuova generazione. Io non credo siano dei cani della programmazione (come qualcuno li definisce) in quel di From, quanto piuttosto legati alle vecchie abitudini da buon giapponesi quali sono, e che nel bene o nel male abbiano trovato, in queste anomalie, la loro ragion d’essere. C’è chi lo accetta e glielo attribuisce a pieno titolo quasi come se fosse un pregio, chi invece preferisce additarli come incapaci. Io ho scelto di non schierarmi, come sempre, poiché odio essere fazioso e preferisco ascoltare quello che il titolo, nella sua interezza, vuol darmi. Certo, se avesse avuto la rifinitura di un titolo Nintendo, avrei avuto di che gioire, ma mi sta bene anche così. Ribadisco, non perché sono loro, ma perché Elden Ring riesce a farti superare questo scoglio (almeno nel mio caso).

elden ring

Soprattutto se l’intero mondo di gioco è quanto di più bello si sia visto in termini prettamente artistici di recente. Con buona pace di Horizon: Forbidden West (QUI la nostra recensione) et similia. Questo perché tutto ciò che si vede a schermo (o la maggior parte di esso), è interamente esplorabile e non fine a sé stesso, appiccicato lì come un quadro al muro in cui vorresti immergerti, salvo poi scoprire che non vi è data alcuna possibilità di farlo. Ecco. Per me l’arte è anche questo, a maggior ragione se ti ritrovi in un mondo che spinge all’estremo le proprie idee, proponendo verticalità, luoghi nascosti e diramazioni con cui è facile perdersi e interrogarsi. Un dipinto nel dipinto, in sostanza, o un gioco nel gioco, ma con cui almeno puoi interagire. Forse non avrebbe guastato una maggiore interazione ambientale utilizzando di più la fisica se proprio devo essere pignolo, ma è inutile cercare qualcosa su cui il titolo non vuole far leva vista la sua deriva.

Va da sé che la colonna sonora accompagna il viaggio in maniera sublime, creando la giusta suspense quando deve fino ad esplodere completamente durante le battaglie più importanti, e a farle diventare così epiche da restare impresse per sempre nella nostra memoria.

Potrei aggiungere una miriade di cose ancora e rendere infinita questa recensione, come la possibilità di ponderare bene le scelte da fare ogni qualvolta che un NPC vi porrà dinnanzi una side quest, ma ciò che voglio dirvi, in sostanza, è che Elden Ring dovrebbe essere giocato da tutti. Anche da chi non ama il genere alla follia o a cui il suddetto non piaccia affatto. Perché ha una mappa disegnata a mano talmente vasta e piena di punti di interesse tutti da scoprire, che difficilmente potrà lasciarvi indifferente e non incuriosirvi quel pizzico che basterebbe a fottervi il cervello. Ricordatevi solo di utilizzare bene e sin da subito tutti i contrassegni possibili e non fate come me o quegli altri quattro scemi [eccoci – NdR Isma] (che iniziammo ad utilizzarli dopo circa venti/trenta ore), poiché, eccezion fatta per le Grazie e i luoghi importanti, non vi è un sentiero che traccerà il vostro cammino.

Sarete gli artefici di un destino tutto da scrivere, naturalmente imperfetto, ma da cui, se ne uscirete vivi, potrete cogliere l’essenza di ciò che sta a significare la parola: videogioco. E fidatevi, nonostante la sua difficoltà e le sue debolezze, l’esperienza offertavi sovrasterà ogni cosa, avvolgendovi in una realtà parallela da cui riemergere non sarà cosa semplice.

A tal proposito, una volta concluso, consiglio un bravo terapista capace di indurvi all’accettazione di un qualcosa oramai perduto, o che dir si voglia finito.

Ammesso che anche lui non si sia perso nell’Interregno.

In tal caso chiamatelo per una partita in multiplayer o per rompere il cazzo agli altri invadendo come un dannato, che magari trovate il vostro nuovo compagno di merende con cui farmare rune e potenziarvi per una probabilissima seconda, terza, quarta, quinta, sesta… run.

C’è così tanto da scoprire…

 

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CONCLUSIONI
Overall
9.3/10
9.3/10
  • GRAFICA - 8/10
    8/10
  • GAMEPLAY - 9/10
    9/10
  • AUDIO - 9/10
    9/10
  • LONGEVITÀ - 10/10
    10/10

IN SINTESI

Elden Ring è in definitiva la perfetta summa di tutte le opere rilasciate sin qui da FromSoftware. Anni e anni di esperienza racchiusi in un nuovo contesto, per l’occasione open world, che però porta con sé gli altrettanti difetti che la casa giapponese pare non voglia scrollarsi proprio di dosso. A volte più per partito preso, che per incapacità. Resta di fatto un’opera monumentale a cui è difficile resistere e che saprà tenervi incollati allo schermo per un’infinità di ore, anche solo grazie ad un’unica run, volendo. L’espressione massima da cui ripartire per sviluppare nuove idee con i prossimi giochi a venire e di cui nessuno dovrebbe privarsi. Il suo mondo risucchia completamente il giocatore in una realtà fatta di parallelismi e annessa alienazione dalla quotidianità del mondo esterno. Un capolavoro. Imperfetto, ma pur sempre un capolavoro. Come piace a me e, a quanto letto in giro, a tanti, tanti altri. Che spettacolo, ragazzi!


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Gennaro Schiavelli

“Non vuoi niente. Non credi in niente. Il futuro è il tempo che ti rimane prima di finire un videogioco. Non credi nella vita dopo la morte e hai poca fiducia nella vita in generale. L’unica cosa che sai per certo è che non vuoi le stesse cose dei tuoi genitori.”