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Sea of Stars – La recensione di un J-RPG che sognavo da tempo

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Una nuova stella che brilla di luce propria nel firmamento dei J-RPG

Ormai è passato qualche giorno da quando ho portato a termine Sea of Stars e – detto francamente – c’ho provato a scrollarmelo di dosso per iniziare a vedere oltre e dedicarmi così ad altro; ma faccio fatica. Forse, oggi, ci sto riuscendo un minimo perché sto riscoprendo Forspoken e quella che è la sua vera natura, ma è ancora impensabile per me non tornare di tanto in tanto con la mente in quel magnifico mondo creato da Sabotage Studio; e sono solo le 6:15 di una domenica mattina a caso (nel momento in cui scrivo). Quando fuori il silenzio trasmette pace e vengo così pervaso da un senso di calma e pensieri benefici; il momento per scrivere è propizio – mi dico. E così impugno metaforicamente la penna, chiamo a raccolta gli elementi e mi lascio andare a quello che è stato un viaggio di assoluto spessore; che mai dimenticherò.

Sea of Stars

Lo chiedevo a gran voce un gioco di questo stampo, e negli anni difficilmente sono stato accontentato, tanto da rifugiarmi spesso nel retrogaming per ritrovare – e soprattutto non perdere – quel feeling con i J-RPG. Che poi Sea of Stars manco lo è un J-RPG, dato che parliamo di uno studio di origini canadesi; eppure, con pazienza e dedizione, ‘sti pazzi han tirato fuori qualcosa che è più giapponese dei titoli giapponesi stessi e ne incarna perfettamente l’essenza. Nemmeno nelle terre del Sol Levante credono più a questo tipo di produzioni e, se lo fanno, spesso tralasciano quel tocco che li ha sempre contraddistinti, sviluppando così prodotti che già dalle prime battute ti fan storcere il naso per una sequela di mancanze onestamente inconcepibili per il genere. Tutti concentrati a farsi belli con la narrativa, un gameplay sempre più orientato all’azione (e meno alla riflessione) e con open world (o open map) che presentano al loro interno dinamiche da MMO che anche basta, grazie.

E che sia un prodotto tripla A come Final Fantasy XVI o qualcosa di minore come possono esserlo gli Octopath Traveler e compagnia, tutti – e sottoscrivo tutti – si sono dimenticati di farti vivere il loro viaggio attraverso un’esplorazione appagante, che passa da un level design stratificato a dinamiche di puzzle solving. Che brutta strada l’omologazione (mi verrebbe da dire). Questo allinearsi al mercato che par essere necessario per sopravvivere al quotidiano. Ma che schifo, cazzo! Possibile che nessuno abbia più il coraggio di osare o quantomeno di credere nella semplicità delle cose? Perché alla fine di questo parliamo. Tutti vogliono sorprendere; tutti vogliono essere qualcuno, ma tutti si dimenticano di essere sé stessi.

E allora ecco che ci pensa Sea of Stars a gettare nuovamente le basi per far sì che i J-RPG possano, un domani, ritornare al loro antico splendore ed incamminarsi verso un sentiero abbandonato da tempo. Lo fa con coraggio, senza remore alcuno, forte delle sue 200.000 copie piazzate in pochissimo tempo nonostante fosse presente su ben due abbonamenti sin dal day one (PlayStation Plus e Xbox Game Pass); nonché privo – per ora – di una distribuzione retail, che arriverà solo successivamente. Ed è da questa lunga premessa che ha origine il viaggio di Zale e Valere, i due protagonisti Figli del Solstizio dotati del potere del Sole e della Luna, capaci di combinare ambedue le magie per richiamare a loro l’Eclissi e sprigionarne così tutta la sua potenza per contrastare il malefico The Fleshmancer, l’alchimista creatore di innumerevoli mostruosità. Accompagnati dall’amico di sempre, Garl, e da un gruppetto di personaggi strampalati si giungerà quindi al grande scontro finale attraverso un’escalation di momenti memorabili, trasmessi al videogiocatore con estrema semplicità, ma mai banali, e conditi con colpi di scena che – se sensibili – vi faranno persino versare qualche lacrimuccia. E quanto mi è piaciuto questo suo modo di essere così pulito e lineare, senza dover giocoforza ricorrere a chissà quali incastri astrali per poter rendere accattivante la propria narrativa (Xeno e compagnia, mi riferisco a voi).

Tutto è lì dove deve stare e arriva quando deve, come nel più classico degli shonen – se vogliamo; e non mi interessa se in giro c’è chi non è dello stesso avviso. Ciò che espongo non vuol essere l’assoluta verità e mai mi sognerei di farlo, quanto piuttosto la mia esperienza personale da videogiocatore che parla ai videogiocatori; e credo fermamente che questa distanza tra chi scrive e chi legge vada necessariamente accorciata. Ma quale critica e critica? Lasciatevi trasportare dal racconto, prendetevi i vostri momenti, analizzate la profondità di ogni istante e assaporatela; solo così sarete capaci di coglierne l’essenza che risiede in ogni linea di dialogo senza nulla perdervi. Che poi non ci vuole mica ‘sto arco di scienza a comprenderla, eh; si esprime in maniera diretta e genuina, toccando più e più temi a noi cari come l’importanza della vita e della morte. E con questo penso di aver già detto abbastanza. Se devo star qui a raccontarvi stronzate solo per allinearmi ai pensieri altrui, tanto vale non farlo proprio. Per portarvi cosa? L ‘ennesima recensione copia e incolla figlia di chi non vuole esporre le proprie opinioni? Anche no, grazie. E scusate lo sfogo, ma quando sento certe cose che paiono dette solo per partito preso, mi parte l’embolo.

Sea of Stars

Mi verrebbe quasi da dire che ogni magnifico pixel che mano a mano rammenta Sea of Stars abbia una propria storia; esattamente come ogni stella del firmamento. La cura riposta da Sabotage Studio nel proprio prodotto la ritrovi ovunque e ti parla costantemente, bucando la quarta parete più di un qualsivoglia titolo col graficone che alla fine getta solo fumo negli occhi, poiché privo di sostanza. E quanta ce n’é di sostanza in questo C-RPG (la C sta per Canada). C’è che erroneamente un po’ tutti lo abbiamo associato sin da subito a quella perla di Chrono Trigger, ma c’è di vero che alla fine è più lontano dal gioco Squaresoft e più vicino a Super Mario RPG; o ad un Mario e Luigi. Difatti il combat system di cui si avvale rende i videogiocatori parte attiva durante queste fasi che, seppur a turni, richiedono prontezza di riflessi e ingegno per sfruttare al meglio tutte le combo eseguibili, tra parate repentine per ridurre i danni ed attacchi combinati che vi faranno stare sempre sul pezzo. I nemici in alcune occasioni saranno soggetti a specifiche debolezze che, se sfruttate, vi permetteranno di rompere la loro guardia e annullare così il loro successivo attacco, facendogli persino perdere un turno.

Esiste un contatore sopra ognuno di essi e sul nostro party, che ne scandisce l’azione e invita tutti a ponderare il da farsi per uscirne vincitori. Da un certo punto della storia in poi, dopo ogni semplice attacco, sarà persino possibile raccogliere ed accumulare, per un massimo di tre volte, attraverso la pressione del grilletto destro del proprio pad, delle sfere di luce, capaci di rendere ogni colpo inferto ancora più letale. Così come sarà possibile sfruttare le combo tra i vari personaggi, cambiare il party durante il combattimento (in maniera simile a quanto avveniva in Final Fantasy X, per rendere l’idea), sfruttare le abilità attraverso gli MP (che si rigenerano poco a poco dopo ogni colpo andato a segno); e caricare delle combo devastanti che daranno vita a ciò che appaiono come delle vere e proprie summon.

Sea of Stars

Insomma, di stratificazione a tal proposito ve n’è a iosa e sarà sempre appagante affrontare questi scontri con la giusta filosofia, specie perché Sea of Stars abbandona la strada dei nemici casuali e del grinding ossessivo/compulsivo che nei J-RPG ci costringe spesso a salire necessariamente di livello. Ogni nemico presente su schermo verrà infatti sconfitto in maniera definitiva e, salvo rare occasioni, non incapperete in quel respawn che tanto si confà e si associa – oggi – ai souls-like. Non temete, quindi: riposare ad un falò per recuperare le forze non porterà a nulla di tutto ciò; semmai vi permetterà di rigenerarvi, di cucinare qualche squisita pietanza e di ascoltare alcuni racconti del passato direttamente dalla bocca di una ricercatrice che starà sempre al vostro fianco.

Il tutto – come dicevo – condito da una grafica in pixel art animata meravigliosamente (tra le più belle sulla piazza) e da sonorità che le vengono cucite addosso mano a mano che l’avventura s’intensifica. Una gioia per gli occhi e per le orecchie, grazie anche alla collaborazione di chi la musica la sa comporre come Dio comanda e risponde al nome di Yasunori Mitsuda (guest star per l’occasione). Esplorare, arrampicarsi, camminare lungo i cornicioni, nuotare e sfruttare alcuni gadget per aiutarsi in tal senso (ma anche per risolvere alcuni enigmi) l’ho trovato dannatamente appagante. E seppur l’arrampicata e altre cose restano nell’ambito delle fasi scriptate, quando avrete a disposizione i giusti accessori vi sarà dato modo di ragionare, dando così libero sfogo alla vostra fantasia. Tra passaggi nascosti, muri all’apparenza invalicabili e cristalli privati della propria energia, di pane per i vostri denti ne avrete a sufficienza. È una rarità oggigiorno venire a contatto con un videogioco simile, che pare davvero sapere da dove proviene e che sa – in maniera concreta – dove vuole arrivare.

E se gioire per quanto appena detto non fosse ancora sufficiente, vi basti sapere che pure la direzione artistica fa il suo sporco lavoro in maniera egregia, portandovi ad esplorare deserti, foreste lussureggianti, villaggi futuristici e molto altro ancora. Provare per credere.

Sea of Stars

Se non si fosse ancora capito, dunque, fatico a trovare in Sea of Stars un solo difetto che sia degno di nota. Come ribadito in apertura di articolo, d’altronde, non sono qui per fare critica (quella la lascio a chi ha le competenze [?]), quanto piuttosto per parlarvi di un gioco che mi ha risucchiato completamente, dall’inizio alla fine, e parlarvi così della mia esperienza personale. Ha il merito, Sea of Stars, di essersi fatto giocare apertamente e senza fronzoli da chi, il digitale, proprio non lo sopporta; e da chi degli abbonamenti sopracitati se ne sbatte ampiamente la fava. Chi mi conosce attraverso i social difatti sa bene che poco ci azzecco, io, con questa filosofia; per quanto mi riguarda un videogioco esiste solo ed esclusivamente quando ne viene rilasciata una copia retail.

Magari sarò preistorico con questo mio ragionamento; magari sarà un mio limite e di certo non lo nego, ma questo è quanto. E questo ‘quanto’, però, di fronte all’opera di Sabotage Studio, stavolta, non ha davvero saputo resistere, facendo leva su una mole indescrivibile di sentimenti oramai sopiti da tempo. Persino la mancanza di una localizzazione italiana non è stata in grado di frenarmi, spingendomi oltre quei paletti imposti più per ripicca dovuti a tale assenza che per meri limiti linguistici. E se l’inglese lo parlo e mi è di chiara comprensione, e dunque avrei potuto abbandonarmi ad esso senza troppi patemi, averlo giocato in spagnolo (credo sia la prima volta che mi ci cimento in un videogioco) mi ha permesso di apprezzare un nuovo idioma, che di base comprendo poiché convivo con una ragazza di madrelingua spagnola, per l’appunto.

Un’avventura nell’avventura durata più di trenta ore, quindi; questo Sea of Stars che sicuramente continuerà a brillare per lungo tempo tra le fila dei miei titoli preferiti e, molto presto, anche nella mia libreria personale; non appena – appunto –, sarà disponibile in versione retail.

Che giocone, ragazzi.

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CONCLUSIONI
Overall
10/10
10/10
  • GRAFICA - 10/10
    10/10
  • GAMEPLAY - 10/10
    10/10
  • AUDIO - 10/10
    10/10
  • LONGEVITÀ - 10/10
    10/10

IN SINTESI

Se avete letto quanto da me scritto non dovreste faticare a comprendere perché ho dato un perfect score ad un gioco come Sea of Stars. Se siete tra quelli che invece hanno saltato a pié pari tutto il mio racconto per visionare solo il numerino a fine pagina, e pensate io sia impazzito assegnando al titolo un voto simile, beh… mi spiace dirvelo, ma dovreste prima comprendere le mie motivazioni a riguardo. Sea of Stars, d’altronde, è tutto ciò che cercavo da quando i J-RPG hanno smesso di essere tali. Splendido; leggero, ma appagante; longevo il giusto; una trama godibile e ricca di colpi di scena (senza però perdersi in voli pindarici); pieno zeppo di puzzle solving; non ti costringe al grinding ossessivo/compuslivo e, soprattutto, che non presenta meccaniche da MMO. Insomma, tutto il contrario di ciò che si è abituati a giocare e ad osannare al giorno d’oggi. Un titolo memorabile che dona nuova linfa ad un genere che da molti anni vive un’evidente fase di stanca e che mi auguro possa rappresentare un nuovo punto di partenza per chiunque abbia anche solo in grembo l’idea di partorire qualcosa di simile. Magari non sarete del mio stesso avviso, ma ehi… potrete sempre rivolgere lo sguardo verso il cielo e fissare la stella che più vi aggrada. Io, però, la mia l’ho trovata… e porta il nome di Sea of Stars.


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Gennaro Schiavelli

“Non vuoi niente. Non credi in niente. Il futuro è il tempo che ti rimane prima di finire un videogioco. Non credi nella vita dopo la morte e hai poca fiducia nella vita in generale. L’unica cosa che sai per certo è che non vuoi le stesse cose dei tuoi genitori.”